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domenica 13 ottobre 2024

La Grande Illusione della Libertà sui Social: Censori di Noi Stessi?

I social media ci promettono libertà di espressione, ma tra algoritmi e moderatori volontari, siamo noi stessi i primi censori. Quanto tempo sprechiamo a filtrare ciò che è già filtrato?

Siamo entrati nell’epoca della libertà d’espressione, o almeno così ci piace credere. Passiamo ore sui social media, condividendo idee, opinioni, foto di gattini, ma quanto di ciò che diciamo è davvero libero? Spoiler: pochissimo. Non solo gli algoritmi delle piattaforme decidono cosa vediamo, ma in molti casi siamo noi stessi i primi a filtrare il contenuto, pronti a cancellare, bannare e moderare. Insomma, passiamo da censurati a censori in un batter d'occhio.

In Italia, trascorriamo mediamente quasi  2 ore al giorno sui social, un dato che ci piazza al terzo posto in Europa, con circa 43 milioni di italiani connessi. Ma quanto di questo tempo viene sprecato a fare da "poliziotti digitali" nei gruppi e forum online? E perché ci lamentiamo del lavoro e della fatica di arrivare a fine mese, se dedichiamo gratuitamente tante ore a moderare contenuti già filtrati dagli algoritmi?

Un paradosso interessante: su Reddit, i moderatori volontari dedicano collettivamente 466 ore al giorno a questa attività. Il loro lavoro, che vale milioni di dollari all'anno, non è retribuito, eppure lo fanno con una dedizione che potrebbe far impallidire molti professionisti. E qui arriva l'aspetto psicologico: moderare diventa una forma di gratificazione, una piccola oasi di controllo in un mondo in cui ci sentiamo sempre più impotenti. Censurare un commento o bandire un utente diventa quasi terapeutico, un modo per sentirsi utili.

Ma quanto è assurdo tutto ciò? Se ci lamentiamo del nostro capo che ci sovraccarica di lavoro, perché poi passiamo ore a filtrare post di sconosciuti senza un soldo? Se ci diciamo impegnati, perché non usare quel tempo in modo più produttivo, come imparare una nuova lingua o dedicarsi alla famiglia? Sarebbe anche un modo per non lamentarci di non arrivare a fine mese. 

Anche se ci sentiamo potenti come moderatori, dobbiamo renderci conto che stiamo solo facendo il lavoro sporco di aziende miliardarie, che traggono profitto dai nostri sforzi. Non solo ci prestiamo gratuitamente a censurare contenuti, ma lo facciamo in un sistema dove gli algoritmi hanno già filtrato la maggior parte delle informazioni. Facebook, ad esempio, raggiunge oltre 50% della popolazione italiana, e il controllo sugli annunci e sui post è già ferreo. Siamo diventati servi di una macchina che ci controlla, senza neanche rendercene conto.

Se pensiamo al passato, la censura era un’arma di stato, imposta da governi e poteri forti. Quei governi che io definisco iperbolici. Oggi, invece, la censura si è democratizzata. Siamo noi, con il nostro zelo da moderatori, a diventare i nuovi censori. Non ci vuole un dittatore per far tacere una voce, basta un moderatore annoiato.

Soluzioni? Forse dovremmo lasciar perdere la smania di controllo. Lasciamo che gli algoritmi facciano il loro lavoro, oppure trasferiamoci su piattaforme più decentralizzate, dove la libertà di espressione è rispettata davvero. Ma soprattutto, cerchiamo di usare il nostro tempo in modo più intelligente: se passassimo meno tempo a filtrare i pensieri altrui, potremmo finalmente dedicarci ai nostri, imparando qualcosa di nuovo o coltivando relazioni nel mondo reale.

In fondo, la vera libertà non è fare da custodi a un recinto digitale, ma capire che il recinto esiste solo perché noi lo manteniamo. Non è che abbiamo troppa libertà, è che non sappiamo cosa farcene.

Se continuiamo a spendere ore a moderare, forse dovremmo chiederci se davvero non abbiamo altro di meglio da fare. Il paradosso è che, mentre ci diciamo liberi, siamo noi stessi a costruire le nostre gabbie digitali. Forse è arrivato il momento di riprenderci il nostro tempo e, con esso, la nostra libertà.

Il tempo è il dono più prezioso che abbiamo, eppure molti lo stanno sprecando sui social media, intrappolati in un gioco ingannevole. Le piattaforme sfruttano le nostre emozioni e vulnerabilità, alimentando la dipendenza e facendoci perdere ore senza rendercene conto. Ogni secondo trascorso a moderare o scrollare è un secondo rubato a ciò che conta davvero.

I moderatori volontari fanno il lavoro sporco per aziende miliardarie, ricevendo in cambio solo gratificazione effimera. È tempo di svegliarci e riprenderci il nostro tempo, investendolo in esperienze significative, nella crescita personale e nelle relazioni autentiche. Non lasciamoci ingannare dalla falsa libertà digitale: la vera libertà è scegliere come utilizzare il nostro tempo, lontano da un recinto virtuale che limita le nostre vite.

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